Queste crostatine sono nate qualche giorno fa.
Ho riscoperto i pomeriggi fatti di crostate, fatti di un tempo dolce, lento e annulla pensieri. Mi riportano nel mio tempo adolescente quando fare una crostata voleva dire impiegare un pomeriggio. Mi piaceva dedicarmici per ore: riempivo la base della teglia di almeno 30 cm di diametro staccando pezzetti di frolla all’olio e li maneggiavo tra le mani fino a farmele sudare. Ricordo mia madre lanciarmi degli sguardi prima di ammonimento, poi seguivano gesti di mano (per scuotermi ad accelerare) e infine sopraggiungeva il “menamé”, che è un modo gergale (molto poco gentile) per dire “muoviti, fai presto”.
Non riuscivo a capacitarmi come fare nel più breve tempo possibile. Capivo di essere lenta, ma volevo far credere che era la moneta di scambio all’esser precisi. Ma niente, il risultato alla fine non mi convinceva nemmeno: veniva fuori una crostata bassa e croccante che rifiutavo anche solo di assaggiare (mi bastava avvertire la resistenza della frolla al coltello).
Ne sono passati di tentativi di crostate fino ad arrivare ad esserne soddisfatta (la base della frolla la trovi qui) e da lì una serie di variazioni alle mandorle, alla semola, alle nocciole. Il minimo comune denominatore è la presenza del burro: secondo me è l’elemento indispensabile che rende una frolla tale.
Ma. Io nasco con le frolle all’olio. E sono ritornata li dove le ho lasciate. Ho cercato di realizzare una frolla all’olio dalla consistenza rustica, dove la presenza dell’olio non fosse invadente. Risultato piacevolmente leggero.
Mamma soddisfatta e me felice!
La ricetta è qui su Paperproject.